GREASE

25 MARZO

GREASE

 

di Jim Jacobs e Warren Casey

traduzione Michele Renzullo adattamento Saverio Marconi

regia Saverio Marconi

regia associata Mauro Simone

liriche italiane Franco Travaglio e Michele Renzullo

scene Gabriele Moreschi costumi Chiara Donato

coreografie Gillian Bruce disegno luci Valerio Tiberi

disegno fonico Enrico Porcelli

direzione musicale e arrangiamenti vocali Gianluca Sticotti

arrangiamenti e orchestrazioni Riccardo Di Paola

produzione Compagnia della Rancia

 

Con più di 50.000 spettatori che hanno già applaudito lo spettacolo nei soli primi tre mesi del tour 2024, Grease si conferma il musical più amato. Lo spettacolo è una festa travolgente che accende le platee italiane e ha dato il via alla musical-mania trasformandosi in un vero e proprio fenomeno di costume “pop”, un cult intergenerazionale che, dopo aver ampiamente superato i 2.000.000 di spettatori complessivi dal primo debutto, si rinnova a ogni stagione, è sempre più attuale ed è amatissimo anche dalle nuove generazioni che si immedesimano in una storia d’amore e di amicizia senza tempo, dal messaggio inclusivo. Il musical ha debuttato a Broadway nel 1971, nel 1978 segue il film campione di incassi che consacra John Travolta e Olivia Newton-John nei ruoli dei due protagonisti, e dopo più di cinquant’anni l’energia elettrizzante continua a vivere sui palchi di tutto il mondo. L’amore adolescenziale tra Danny e Sandy, che nasce nelle “sere d’estate” risuona tra le note dell’inconfondibile colonna sonora – tra cui brani indimenticabili come Restiamo Insieme, Greased Lightnin e Sei perfetto per me, nella versione italiana di Franco Travaglio e Michele Renzullo – a ritmo di rock’n’roll. In scena, un affiatatissimo gruppo di 18 giovani e talentuosi performer che, attraverso i linguaggi della danza, del canto e della recitazione, danno nuova luce a personaggi diventati vere e proprie icone generazionali: Sandy, dal volto angelico e la voce travolgente, Danny, irresistibile rubacuori, Pink Ladies, T-Birds, gli studenti della Rydell High School e un particolarissimo angelo rock.

 

È sempre stimolante e divertente lavorare con il cast in un clima di grande professionalità e nuove energie, in uno scambio continuo. Affrontiamo ogni edizione con la massima serietà per garantire il successo di questo spettacolo con il “marchio di fabbrica” di Rancia, fatto di queste parole chiave: qualità, talento, emozioni, coinvolgimento. Saverio Marconi

Ogni allestimento di Grease è l’occasione per introdurre nuove idee registiche, di concerto con tutto il team creativo e i performer in scena per portare sul palcoscenico quello che è ormai un classico del teatro musicale, ma che resta aperto a spunti e suggestioni sempre nuovi e attuali. Mauro Simone

 

Il preparatissimo cast ha lavorato intensamente con la coreografa Gillian Bruce che ha costruito “sartorialmente” su di loro le coreografie rendendole ancora più energiche ed esplosive. Per i nuovi costumi (oltre 80), un’esplosione di colori e tessuti cangianti, la costumista Chiara Donato si è affidata alle principali sartorie teatrali italiane. I linguaggi della danza, del canto e della recitazione si integrano perfettamente con la scenografia, a firma di Gabriele Moreschi; il team creativo comprende anche Valerio Tiberi che firma il coloratissimo disegno luci insieme a Emanuele Agliati e in collaborazione con Francesco Vignati, che sottolineano i momenti più esplosivi così come le atmosfere più intime; gli aspetti musicali sono curati da Enrico Porcelli per il disegno fonico, Gianluca Sticotti per la direzione musicale e gli arrangiamenti vocali, Riccardo Di Paola per arrangiamenti e orchestrazioni.

SUPPLICI

8 MARZO

SUPPLICI

 

di Euripide

traduzione Maddalena Giovannelli e Nicola Fogazzi

drammaturgia Gabriele Scotti

con Francesca Ciocchetti, Matilde Facheris, Maria Pilar Pérez Aspa

Arianna Scommegna, Giorgia Senesi, Sandra Zoccolan, Debora Zuin

regia Serena Sinigaglia

cori a cura di Francesca Della Monica

scene Maria Spazzi

costumi e attrezzeria Katarina Vukcevic

luci Alessandro Verazzi

assistente alla regia Virginia Zini

assistente alle luci Giuliano Almerighi

musiche e sound design Lorenzo Crippa

movimenti scenici e training fisico Alessio Maria Romano

assistente al training Simone Tudda

produzione ATIR, Nidodiragno/CMC, Fondazione Teatro Due - Parma

con il sostegno di NEXT ed. 2021/2022 Progetto di Regione Lombardia e Fondazione Cariplo

in collaborazione con Cinema Teatro Agorà, Cernusco sul Naviglio

 

Nella tragedia Le Supplici, scritta da Euripide e rappresentata per la prima volta tra il 423 e il 421 a.C., un gruppo di donne di Argo, madri dei guerrieri argivi morti nel fallito assalto a Tebe (quello raccontato da Eschilo nei Sette contro Tebe), si riunisce presso l'altare di Demetra ad Eleusi per supplicare gli ateniesi di aiutarle a dare degna sepoltura ai figli, poichè i tebani negano la restituzione dei cadaveri. Il re ateniese Teseo, grazie all’intercessione della madre Etra, decide di aiutarle. Quando un araldo tebano giunge per intimare a Teseo di non intromettersi negli affari di Tebe, invano Teseo tenta di indurre l’araldo all’osservanza della propria legge che impone di onorare i morti, ingaggiando con lui un dialogo nel quale il re difende i valori di democrazia, libertà, uguaglianza di Atene, contrapposti alla tirannide di Tebe.

L’accordo non viene trovato e la guerra tra le due città è inevitabile, e viene vinta da Atene, con la conseguente restituzione dei cadaveri. Il re di Argo Adrasto, che accompagna le madri, si incarica di celebrare i caduti con un discorso. Il corteo con i corpi dei capi argivi caduti entra così in scena; Adrasto recita l’elogio di ciascuno di essi, quindi si procede al rito funebre. Per volontà di Teseo il rogo di Capaneo è allestito separatamente dagli altri, al fine di onorare diversamente l’eroe colpito dal fulgore di Zeus; Evadne, moglie di Capaneo, non regge alla commozione e, per riunirsi al marito, si getta sul rogo in fiamme. Mentre i figli dei caduti sfilano con le ceneri dei propri cari, finalmente sepolti, ex machina compare Atena, che fa impegnare con un giuramento solenne Teseo e Adrasto a un’eterna alleanza fra Atene e Argo.

 

Amo i classici da sempre: con essi imparo cos’è il teatro e cos’è l’essere umano.

Con i contemporanei imparo a conoscere la realtà presente e l’epoca in cui vivo.

Insomma classico e contemporaneo si riguardano, si specchiano l’un con l’altro, si nutrono a vicenda. Come tradizione e innovazione.

Da anni voglio affrontare “Le supplici” di Euripide: adesso è arrivato il momento di farlo.

Il crollo dei valori dell’umanesimo, il prevalere della forza, dell’ambiguità più feroce, il trionfo del narcisismo e della pochezza emergono da questo testo per ritrovarsi intatti tra le pieghe dei giorni stranianti e strazianti che stiamo vivendo.

È incredibile quanto una scrittura che risale al 423 a.C. risuoni chiara e forte alle orecchie di un cittadino del terzo millennio.

La democrazia ateniese fa acqua da ogni parte, contraddice i suoi stessi valori, è populismo che finge di affermare i sacri valori della libertà. È manipolazione a tratti persino grossolana, si chiama democrazia ma assomiglia troppo ad un’oligarchia. Sembra lo strumento migliore per scansare le responsabilità e restare ad ogni costo sempre e comunque impuniti. È la legge del più forte, anche se apparentemente garantisce spazio e parola a tutti.

Le supplici sono le sette madri degli eroi uccisi presso le porte di Tebe. Giungono ad Atene per implorare Teseo: recuperi i cadaveri dei vinti, dei figli uccisi, a costo di fare guerra a Tebe che non li vuole restituire.

Tebe sotto la tirannide di Creonte, Atene sotto la democrazia di Teseo. Ancora una volta una stranezza: può essere la democrazia in mano ad una persona sola? Non è una contraddizione in termini?

Il discorso tanto caro a Euripide, che parla di pacifismo e amore tra i popoli, di dolore e di pietà di queste madri che hanno perso i figli, di un intero paese che ha perso i propri eroi, si intreccia con un sottile ragionamento politico, capace di rendere questa tragedia un unicum per l’antichità.

Sette madri, sette attrici: Francesca Ciocchetti, Matilde Facheris, Maria Pilar Pérez Aspa, Arianna Scommegna, Giorgia Senesi, Sandra Zoccolan, Deborah Zuin.

Queste attrici straordinarie, a cui mi lega un lungo sodalizio artistico, interpreteranno dunque il coro delle supplici e saranno anche, di volta in volta, i diversi personaggi della tragedia: Teseo, l’araldo tebano, Etra, Adrasto, il messaggero, il coro dei bimbi, Atena.

Un rito funebre che si trasforma in un rito di memoria attiva, un andare a scandagliare le ragioni politiche che hanno portato alla morte i figli e più in generale alla distruzione dei valori dell’umanesimo. Che siano le donne a compiere questo viaggio di ricostruzione e conoscenza mi è parso necessario e naturale. Serena Sinigaglia

TOCCANDO IL VUOTO

28 FEBBRAIO

[RESIDENZA DI ALLESTIMENTO]

TOCCANDO IL VUOTO

PRIMA NAZIONALE

 

di David Greig

traduzione Monica Capuani

con Lodo Guenzi

e con Eleonora Giovanardi, Giovanni Anzaldo, Matteo Gatta

regia Silvio Peroni

produzione Pierfrancesco Pisani e Isabella Borettini per Infinito

e Argot Produzioni

con il contributo di Regione Toscana

 

Tratta da una storia vera, la pièce è ambientata nel 1985 durante la scalata nelle Ande Peruviane, dove gli alpinisti Joe Simpson e Simon Yate restano vittime di un incidente durante la fase di discesa che provoca la caduta di Joe in un dirupo. Simon, per non rischiare di precipitare assieme al suo compagno, è costretto a tagliare la corda da arrampicata. La storia si ambienta tra passato e presente, tra passione, sensi di colpa, amicizia e resilienza, in un tempo e spazio che si fondono costantemente, ponendo il pubblico in un interrogativo costante: «cosa avremmo fatto al posto di Simon?».

 

Rappresentato per la prima volta in Italia, il testo del drammaturgo scozzese, recensito in maniera molto positiva dalla critica estera, pone alla base dell’opera il tema delle scelte, etiche e non, che circondano gli eventi.

MAGNIFICA PRESENZA

30 GENNAIO

MAGNIFICA PRESENZA

 

uno spettacolo di Ferzan Ozpetek

con Serra Yilmaz, Tosca D’Aquino

Erik Tonelli

e con Toni Fornari, Luciano Scarpa

Tina Agrippino, Sara Bosi, Fabio Zarrella

scene Luigi Ferrigno

costumi Monica Gaetani

luci Pasquale Mari

produzione Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo

in coproduzione con Fondazione Teatro della Toscana

 

Ferzan Ozpetek torna a teatro con il nuovo adattamento scenico di uno dei suoi successi cinematografici, Magnifica presenza. Il regista, tra i più amati del nostro cinema, prosegue così il percorso inaugurato con Mine vaganti e fa rivivere in teatro uno dei suoi film cult portando con sé in questa avventura una compagnia di attori esplosivi: Serra Yilmaz, Tosca D’Aquino, Erik Tonelli, Toni Fornari, Luciano Scarpa, Tina Agrippino, Sara Bosi, Fabio Zarrella saranno i grandi protagonisti di questa commedia tra illusione e realtà, sogno e verità, amore e cinismo, cinema, teatro e incanto.

TI SPOSO MA NON TROPPO

7 GENNAIO

TI SPOSO MA NON TROPPO

 

testo e regia Gabriele Pignotta

con Vanessa Incontrada, Gabriele Pignotta

e con Fabio Avaro, Siddhartha Prestinari

produzione a.Artisti Associati

 

Dopo il clamoroso trionfo di Scusa sono in riunione... ti posso richiamare?, ArtistiAssociati è orgogliosa di riportare in scena "la ditta Incontrada – Pignotta" con un nuovo travolgente spettacolo, Ti sposo ma non troppo.

Il testo, che mescola con abilità la leggerezza della commedia con un mood romantico, vede protagonisti quattro individui che, superati i quarant'anni, fanno i conti con una situazione sentimentale ancora precaria. Andrea (Vanessa Incontrada) è una donna affascinante delusa dall'amore, Luca (Gabriele Pignotta) è un divorziato dall'eterna giovinezza che si rifugia in storie superficiali e prive di impegno, Carlotta e Andrea (Siddhartha Prestinari e Fabio Avaro), sposati da dieci anni, sono una coppia stanca e demotivata.

La convivenza, le emozioni confuse e le crisi esistenziali trascineranno i quattro in un vortice di scambi d'identità ed equivoci imbarazzanti. Mentre errori clamorosi e divertenti gaffe sembrano condurre ad una resa dei conti finale, le vite dei protagonisti si intrecceranno in modo inaspettato e verranno travolte dal desiderio di innamorarsi ancora… anche quando sembrava impossibile.

Già approdato al grande schermo in una felicissima versione cinematografica nel 2014, Ti sposo ma non troppo arriva ora sui palcoscenici italiani in una nuova edizione aggiornata al tempo presente, ricca di emozioni e colpi di scena. Siete pronti a partecipare alla festa?


IL LAGO DEI CIGNI

FUORI ABBONAMENTO

6 GENNAIO

IL LAGO DEI CIGNI

 

balletto in due atti e quattro scene

musiche Pëtr Il'ič Čajkovskij

coreografie Marius Petipa

libretto Vladimir Begitchev e Vasily Geltzer

interpreti e scenografie Balletto di Mosca - Russian Classical Ballet

direzione artistica e costumi Evgeniya Bespalova

 

Considerato l’icona dei balletti classici ottocenteschi, Il Lago dei cigni è una storia d'amore, tradimento e trionfo del bene sul male. Pieno di romanticismo e bellezza, da più di un secolo questo balletto delizia il pubblico.

La rappresentazione dei personaggi, in particolare nel confronto tra la purezza del Cigno Bianco e l’oscurità del Cigno Nero, richiede virtuosismo e un forte talento drammatico da parte dei ballerini solisti, culminante nei due grand pas de deux nella seconda e nella terza scena.

Il prestigio e la notorietà senza tempo raggiunti da Il Lago dei cigni sono esaltati dalla musica ispiratrice di Čajkovskij e dalla grande inventiva ed espressività delle coreografie di Marius Petipa. La genialità del suo potenziale coreografico e artistico culmina nel tradurre la relazione tra il corpo umano e le movenze dei cigni. La messa in scena del Russian Classical Ballet riesce ad esaltarne la poesia romantica, presentando una produzione con sontuose scenografie, raffinati costumi e un cast guidato da stelle dello scenario internazionale del balletto.

 

Il Balletto di Mosca - Russian Classical Ballet si propone, già dalla sua fondazione avvenuta nel 2005 nella città di Mosca, di conservare integralmente la tradizione del balletto classico russo. La compagnia è composta da un cast di ballerini diplomati nelle più prestigiose scuole coreografiche di Mosca, San Pietroburgo, Novosibirsk, Perm. Corpo di ballo e solisti, provenienti dalle principali compagnie russe, danno corpo a questo ensemble, nel quale preparazione accademica ed esperienze internazionali si sposano con talenti emergenti nel panorama della danza classica moscovita.

SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE

13 DICEMBRE

SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE

 

di William Shakespeare

traduzione Antonio Mazzara

diretto e interpretato da Jurij Ferrini

con Rebecca Rossetti

e Paolo Arlenghi, Marita Fossat, Michela Gioiella

Agnese Mercati, Federico Palumeri, Stefano Paradisi, Michele Puleio

assistenti alla regia Sonia Guarino, Claudia Tura

luci e suono Gian Andrea Francescutti.

coreografie Rebecca Rossetti

costumi Monica Cafiero

maschera Paola Caterina D’Arienzo

produzione Progetto U.R.T.

in collaborazione con 55° Festival Teatrale di Borgio Verezzi

 

In Sogno di una notte di mezza estate, passione e inganno si avviluppano in modo assurdo e repentino per poi dipanarsi come d’incanto. Realtà e irrealtà giocano a fondersi e a confondersi insieme in una folle notte d’estate governata dal capriccio di Amore, la forza più potente e misteriosa del mondo.

 

Sogno di una notte di mezz’estate è sicuramente una delle più famose commedie del teatro elisabettiano.

E si sa che in ogni epoca storica e, addirittura, in ogni momento della vita di un interprete una stessa storia può prendere sfumature, echi o letture diverse. Quindi il problema non è tanto presentare l’opera in sé, narrando le vicende dei quattro innamorati che si inseguono in un bosco incantato, popolato dalle fate, dal loro re Oberon con quel pasticcione del suo servo, il celebre Puck, e dalla regina Titania; e forse non serve neppure ricordare gli artigiani che, come in una filodrammatica di paese, proprio in quel bosco, allestiscono un improbabile dramma classico, soggiogati dalla incontenibile esuberanza di Nick Bottom, tessitore ed attore amatoriale, il quale ama il teatro al punto da farlo letteralmente a pezzi.

La vera domanda è: cosa può raccontarci oggi questa splendida favola? Mi pare che il perno centrale di una lettura

moderna di quest’opera sia il mistero della tempesta biologica dell’innamoramento, una sequenza biochimica di emozioni che per durata ed effetti vince su qualsiasi altra droga, più o meno naturale. L’amore è un vero mistero. Gli antichi avevano immaginato un bimbo alato, capriccioso e bendato che scoccava frecce nel cuore di chi doveva innamorarsi: Cupido. Ma il rapporto di questo testo con la biologia non finisce con la tempesta biochimica dell’amore; i continui litigi tra Oberon e Titania stanno mandando fuori sesto la natura, la sua armonia. I loro alterchi stanno mettendo in serio pericolo il clima del pianeta, con conseguenti catastrofi a noi molto familiari: quali esondazioni di fiumi, carestie e pestilenze in varie parti del pianeta. E che dire dell’eccessivo amore per il teatro che appassiona la scalcagnata compagnia di dilettanti? Si tratta di passione, appunto.

Questo è un testo di giovani che parla ai giovani; giovani nel pieno delle loro tempeste ormonali; penso che mai Shakespeare avrebbe immaginato che giovani di altre epoche, successive alla sua, così lontane nel tempo, si sarebbero messi a marciare non per una guerra, ma per cercare di rimettere in equilibrio la natura. Mi riferisco ai movimenti spontanei sorti per difendere la nostra stessa sopravvivenza sul pianeta, un tema complesso con un corollario di problematiche che toccano le incredibili diseguaglianze sociali ed economiche tra i popoli della terra. I giovani di oggi marciano. Non credono più nelle favole, ma sono pienamente consapevoli della meno divertente e molto pragmatica avidità umana. È a loro, a chi resterà dopo di noi, a chi vedrà la fine di questo secolo, che mi piacerebbe dedicare questa nostra fatica. A loro mi piacerebbe dedicare questo Sogno. La velocità del progresso tecnologico mi impedisce di immaginare come saranno quei giovani verso la fine del XXI secolo.

Mi guardo intorno e li vedo pieni di passione per la vita, che quando si innamorano lo fanno perdutamente, che hanno un futuro ancora tutto da costruire e penso saranno migliori di noi. Questo è sicuro. Io ci credo davvero. E questo infiamma di passione anche me e i miei compagni. Questa passione si trasformerà in puro divertimento, con la nostra consueta semplicità. Era un testo che presto o tardi avremmo dovuto incontrare. Ed eccoci qui. Con un sogno… di una notte di mezza estate… pieno di speranza per il futuro. Jurij Ferrini

METTICI LA MANO

17 NOVEMBRE

METTICI LA MANO

 

il brigadiere Maione e Bambinella protagonisti in scena

della nuova commedia di Maurizio de Giovanni

con Antonio Milo, Adriano Falivene

ed Elisabetta Mirra

scene Toni di Pace

costumi Alessandra Torella

musiche originali Marco Zurzolo

disegno luci Davide Sondelli

regia Alessandro D’Alatri

produzione Diana Or.I.S.

 

Primavera del 1943, Napoli.

Una tarda mattinata di sole viene squarciata dalle sirene: arrivano gli aerei alleati e il pericolo di un nuovo e devastante bombardamento.

La scena è uno scantinato che fa da rifugio improvvisato. In un angolo del locale una Statua della Madonna Immacolata, miracolosamente scampata alla distruzione di una chiesa.

È qui che si ritrova una strana compagnia, riunita dalla necessità di riparo: Bambinella, un femminiello che sopravvive esercitando la prostituzione e che conosce tutto di tutti, e il Brigadiere Raffaele Maione, che ha appena

arrestato Melina, una ventenne che ha appena sgozzato nel sonno il Marchese di Roccafusca, di cui la ragazza era la cameriera.

Mentre fuori la porta le voci della gente si trasformano in un pauroso silenzio e poi nel progressivo avvicinarsi del fragore delle bombe, il dialogo tra i tre occupanti del rifugio si fa sempre più profondo e serrato, con una serie di

riflessioni sulla vita, la morte, la giustizia, la fede, ma anche la fame e l’arroganza del potere.

Mentre apprendiamo cosa sia realmente accaduto nel palazzo di Roccafusca e perché, Bambinella si trasformerà in un avvocato difensore e Maione nell’accusa di un processo che vedrà nella statua di gesso un giudice silenzioso ma accorato.

 

Questo progetto nasce come una costola della saga de Il commissario Ricciardi, dopo il successo della serie televisiva a cui ho lavorato dalla straordinaria e immaginifica penna di Maurizio de Giovanni, due tra i volti più colorati si staccheranno dalle vicende del filone corale del Commissario e torneranno a raccontarsi con il pubblico, ma questa volta dal vivo: il brigadiere Maione e il femminiello Bambinella. Due figure che non fatico a descrivere come “maschere”, unici tra i personaggi dei romanzi ad indossare un costume: uno con il rigore della divisa e l’altro con la leggerezza della femminilità travestita. Troveremo la città di Napoli devastata dalle conseguenze del nazifascismo, martoriata dai bombardamenti, ma mai privata di quella carica di umanità e di amore per la vita. Medesimi saranno i due attori che hanno interpretato la serie tv: Antonio Milo e Adriano Falivene. La novità è Elisabetta Mirra nel ruolo di Melina, straordinario sguardo sul sacrificio femminile di quell’epoca. A completare la magia ci saranno le musiche di Marco Zurzolo. Alessandro D’Alatri

80 VOGLIA DI… ’80!

FUORI ABBONAMENTO

9 NOVEMBRE

80 VOGLIA DI… ’80!

 

scritto da Gianfranco Vergoni

da un’idea di Paolo Ruffini

con Manuel Mercuri

direzione musicale Gabriele de Guglielmo

regia e coreografie Fabrizio Angelini

produzione Compagnia dell’Alba

in collaborazione con TSA Teatro Stabile d’Abruzzo

 

Volete rivivere (o scoprire…) il decennio colorato e scanzonato dell’evasione e dei miti, del trionfo della musica pop, degli spot, dei colori gommosi e della fantasia? Questo spettacolo vi riporterà indietro nel tempo, alla scoperta dei mitici anni ’80, come non li avete mai visti!

Uno studente liceale di oggi, alternativo e per niente modello, è in attesa di conoscere l’esito del suo profitto scolastico alla fine dell’anno. Come in un incubo vede sfilare i suoi professori, che a quanto pare hanno fatto di tutto per rendergli la vita difficile. Manipolando e scomponendo un Cubo di Rubik (noto simbolo degli anni ’80) si ritrova magicamente catapultato indietro nel tempo di 40 anni, a fianco dei suoi odiati professori ancora giovani. Da loro coinvolto nell’organizzazione di un concerto con le più famose hit del momento per la fine dell’anno scolastico, avrà modi di conoscerli più a fondo e soprattutto di rendersi conto che anche loro, come lui, hanno avuto un passato adolescenziale.

Il “ritorno al futuro”, cioè al giorno d’oggi, sarà l’occasione per tirare le somme di questo viaggio e in qualche modo cambiare un po' anche se stesso, riconciliandosi con quelli che fino ad allora aveva visto solo come nemici.

Miti pop, vestiti sgargianti, primi videogames ma soprattutto divertimento e tanta musica: un’occasione per riascoltare canzoni passate alla storia (Duran Duran, Wham, Europe, Whitney Houston, ma anche Ricchi e Poveri, Heather Parisi e tanti altri). Sul palco, insieme al protagonista Manuel Mercuri (performer, acrobata ballerino e content creator internazionale che vanta più di 38 milioni di follower tra Tik Tok, Instagram e YouTube), una compagnia di 10 scatenati performer, nella doppia veste di professori al giorno d’oggi, e allievi negli anni ’80, che cantano esclusivamente dal vivo, oltre naturalmente a recitare e ballare.

Nato da un’idea di Paolo Ruffini, lo spettacolo è stato scritto dalla mano esperta di Gianfranco Vergoni (nelle librerie con la sua opera prima pubblicata da Longanesi “Il cielo d’erba”) e come tutti i lavori della Compagnia dell’Alba ha la direzione musicale di Gabriele de Guglielmo e la regia e le coreografie di Fabrizio Angelini, nomi garanzia di qualità e cura dei particolari di uno spettacolo che si inserisce nel filone del “family entertainment” presentato negli anni dalla Compagnia, questa volta con un prodotto interamente italiano, adatto anche alle generazioni più giovani che oggi si divertono ancora con le canzoni che hanno fatto ballare e sognare i loro genitori, i quali avranno l’occasione per fare un tuffo nel passato e nella loro gioventù.

CHI E' IO?

3 NOVEMBRE

[RESIDENZA DI RIALLESTIMENTO]

CHI È IO?

 

scritto e diretto da Angelo Longoni

con Francesco Pannofino

e con Emanuela Rossi, Eleonora Ivone, Andrea Pannofino

scene Gianluca Amodio

costumi Lia Morandini

musiche Paolo Vivaldi

in collaborazione con Aldina Vitelli

video Gianluca Amodio, Gianni Del Popolo

aiuto alla regia Lorenzo Rossi

produzione Nuovo Teatro

 

Chi è io? è una commedia psicologica, psicosomatica, psichedelica, psicotropa che agisce su spettatori e personaggi, in modo realistico e visionario. Tre i piani narrativi: quello della realtà, quello metafisico e quello della finzione di uno show televisivo. Un’indagine sulla psiche e sull’anima con personaggi che rappresentano l’aldilà, l’al di qua… o quasi.

«Chi è io?» si chiede Leo Mayer insieme alle persone che ama e che lo amano, in un tumulto di paure e passioni, mentre rivive il sogno della sua vita in un vortice di annegamento. Cosa accade se l’amore è più forte della morte? I sogni curano davvero la realtà mischiandola con l’irreale?

Il grande intellettuale e psicoanalista Leo Mayer rivive la propria esistenza con spostamenti della credibilità, verosimili ma non veri. Le sue riflessioni filosofiche vengono dissolte da un sogno trash televisivo, l’alto e il basso sono indistinguibili e lo spaesamento è comico e inquietante. Leo Mayer ha a che fare anche con alcuni suoi pazienti che sfuggono alle normali regole comportamentali, relazionali, affettive e psichiche della psicoanalisi tradizionale. Ma non finisce qui perché c’è anche la realtà, quella del mondo dei vivi, dove ognuno ha un ruolo, un legame, un rancore, un desiderio.

Tutti abitiamo contemporaneamente la realtà, la fantasia e l’inconscio e tutti ci facciamo la stessa domanda: cosa conta davvero nella vita? Cosa siamo e cosa vogliamo?

Quello che vogliono tutti: amore e perdono.

ROBERTO ZUCCO

FUORI ABBONAMENTO

20 OTTOBRE

[RESIDENZA DI ALLESTIMENTO]

ROBERTO ZUCCO

 

di Bernard Marie Koltès

traduzione Francesco Bergamasco

adattamento, regia, scene e video Giorgina Pi

colonna sonora originale Valerio Vigliar

ambiente sonoro Collettivo Angelo Mai

con Valentino Mannias

e Andrea Argentieri, Flavia Bakiu, Sylvia De Fanti, Gaia Insenga

Giampiero Judica, Monica Demuru, Dimitri Papavasiliou

Alessandro Riceci, Alexia Sarantopoulou

produzione Teatro Nazionale di Genova, Teatro Metastasio di Prato

e RomaEuropa Festival

un progetto di Bluemotion

in accordo con Arcadia & Ricono Ltd

per gentile concessione di François Koltès

in collaborazione con AMAT & Comune di Fabriano

 

Roberto Zucco, basato sulla storia reale di un giovane, è l’ultima opera del drammaturgo francese Bernard-Marie Koltès, definito dal “Times” «un pioniere di uno stile di scrittura drammatica completamente nuovo». Koltès morì nell’aprile del 1989. L’autore aveva iniziato a scrivere la pièce nel 1988, dopo che la sua attenzione era stata catturata, nella metropolitana di Parigi, da un manifesto di ricerca di un criminale coinvolto in una serie di incidenti: l’italiano Roberto Succo. All’età di 18 anni, era stato mandato in prigione dopo aver ucciso violentemente i suoi genitori. Cinque anni dopo è evaso e si è dato alla fuga, sfidando la polizia di tre nazioni. Cambiando più volte identità, si è imbarcato in una serie di crimini per due anni, senza essere scoperto. Ricercato e arrestato, si è infine suicidato nella sua cella del penitenziario di Vicenza, in Italia, il 28 maggio 1988.

L’opera ha suscitato scandalo alla sua prima rappresentazione, poiché basata in parte su eventi reali, tragici e ancora recenti. L’opera di Bernard-Marie Koltès viene presentata per la prima volta alla Schaubühne di Berlino nell’aprile 1990, con la regia di Peter Stein.

 

Roberto Zucco arriva per me dopo anni di lavoro sulla riscrittura della tragedia greca.

Ho sempre amato riscritture non convenzionali di figure deboli, miti minori controversi, al centro di un possibile discorso sulla solitudine in cui si è abituata a vivere la nostra società. Grimaldelli per parlare del vuoto di senso che ci divora.

Dopo Tiresia, Filottete e Pilade, dopo aver attraversato le visioni di Kae Tempest, Sofocle, Adrienne Rich, Heiner Muller e Pier Paolo Pasolini arrivo a Bernard-Marie Koltès. Lo sguardo stavolta è su un antieroe, su un personaggio che del mito prende la capacità di mettere in luce pieghe oscure dell’umano, le più turpi come il matricidio, per esempio.

Koltès rispetto alla sua scelta di raccontare la storia di un omicida seriale come Roberto Succo disse «c’est la première fois que je m’inspire de ce qu’on appelle un fait divers, mais celui-là, ce n’est pas un fait divers».

Zucco non è un fatto diverso, ma la stessa figurazione del teatro, nella sua essenza, nella sua dimensione politica di raccontare il mondo a partire dal suo scandalo. Non è un fatto diverso, perché per Koltès è, «un personaggio mitico, un eroe, come Sansone o Golia, mostri di forza, uccisi infine da un sasso o da una donna», è un’ispirazione che viene dritta dal reale e dalla letteratura insieme, iscrivendosi in una linea del crimine che li accomuna.

Anche per me Zucco non è un fatto diverso: è l’incarnazione contemporanea dell’ossessione della sfida come forma di follia del nostro tempo, incisa in un mondo impari e costitutivamente violento.

E quest’asfittica dimensione dell’esistere viene raccontata in questo testo da uno straordinario coro di personaggi intorno, di rara raffinatezza psicologica e capaci di attraversare ulteriori universi oscuri abitati da donne, reietti e corrotti.

Questa miriade di volti avvolge Zucco dentro a un ritmo serrato, a un découpage che assomiglia a quello di una sceneggiatura cinematografica.  (Giorgina Pi)

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Medaglia Bronzo al Valor Militare Città di Fabriano
Medaglia di Bronzo al Valore Militare
(D.P.R. 10 maggio 1976)
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