La vera storia di Babbo Natale

Cari bambini di Fabriano,

ho deciso che per una volta sarò io a scrivervi una letterina, perché ho una storia che da tanto ho da raccontare e soprattutto un regalo speciale.....un regalo che non ho da donare.

Per voi sono Babbo Natale, ma il mio vero nome è Nicola e nasco tanti tanti anni fa in una terra bagnata dal caldo azzurro del Mar Mediterraneo. Da bambino corro e gioco tra il verde profumo dei pini e la sabbia bianca e brillante. Tutti mi chiamano Niccoló.

Cresco li, in Asia Minore, in un angolo dell'Impero Romano dove però tutti parlano e vestono come i Greci, in una terra che oggi chiamate Turchia.

Mi piace andare al porto, guardare le barche gonfie di vele e di vento. Mi piace guardarle arrivare, ma soprattutto rimango a bocca aperta quando partono, quando volano come enormi gusci di noce sulla schiuma delle onde e spariscono nel blu più profondo, scivolando tra le correnti del possente Dio del Mare, il grande Poseidone.

Poi cresco e quando scelgo il Dio Padre dei cristiani agli Dei dei Greci e dell'Impero, decido di partire anch'io, proprio come uno di quei gusci di noce.

Parto perché mi piace stare in mezzo alla gente,  perché ho vissuto in una famiglia dolce e premurosa, perché voglio che tutti, ma proprio tutti, possano avere le stesse fortune che ho io. Così arrivo nell'antica città di Myra, scolpita tra le rocce e il mare, su una collina di pietra che con le braccia aperte tra le onde protegge il suo porto. Quella diventa la mia nuova città e la mia nuova terra. Conosco subito amici e fratelli, poi tante persone che vengono da porti lontani, tanta gente che parla lingue diverse, che indossa vestiti diversi ed ha occhi, pelle e capelli di mille e mille colori diversi. Tutti hanno luoghi e leggende da raccontare, storie, profumi e sapori da trasportare. Ed io li ascolto, tutti, come quando da bambino ascoltavo il vento tra i rami degli alberi. E sogno, sogno di conoscere tutta la gente del Mondo.

Un giorno, mentre passeggio tra le stradine annodate di Myra, vengo a sapere di una brutta storia. Il padre di tre giovani ragazze era diventato molto povero, così povero che non aveva nemmeno i soldi per vestirle e sfamarle decentemente. Dovete sapere che a quei tempi le ragazze povere non potevano nemmeno sposarsi ed erano condannate ad una vita di stenti e di solitudine.

Non è giusto che nella mia stessa terra ci sia gente che vive nella ricchezza e chi invece non ha nulla, così, quella notte stessa, decido di aiutarli.

Ma non voglio farmi riconoscere, non voglio che i miei amici si debbano sentire in dovere di ringraziarmi ogni volta che mi incontreranno, solo Dio saprà ciò che faccio. Quindi aspetto l'ora piùbuia, prendo un mantello con un grosso cappuccio e, tutto imbacuccato, mi incammino per i vicoli di pietra, verso la parte più povera della città.

Ecco, vedo una finestrella accesa, trema piano alla luce di una candela. È questo il posto, mi guardò intorno. Nessuno. Sbircio dentro e vedo le tre ragazze addormentate, hanno solo un letto, un grosso sacco pieno di paglia che la notte sistemano sul pavimento della cucina. È il momento giusto, prendo da sotto il mantello un sacchetto di stoffa, è piccolo e pesante. Dentro c'è una sfera, liscia e lucente, una palla completamente d'oro, un regalo dei miei genitori di quando sono partito per venire qui. Allungo un braccio attraverso la finestra socchiusa e lascio il sacchetto, proprio sopra un tavolinetto, proprio sopra le ciotole della cena!

SDEENGG!!!! Che frastuono! Via via! Chiudo il cappuccio ancor di più e mi infilo di corsa dietro il primo angolo, giù per la via verso il porto, mentre non posso fare a meno di farmi una bella risata. Appena in tempo!

Il giorno dopo tutti parlano della storia della palla d'oro ed il padre delle ragazze è così  felice che decide di usare quella ricchezza inaspettata per organizzare subito il matrimonio della figlia maggiore, salvandola dai lavori pesanti e dalla povertà.

E le sorelle? Non posso certo lasciarle in quelle condizioni....

Decido di tornare in azione subito. La notte dopo il matrimonio. Stessa finestrella e stesso regalo. Stessa palla d'oro e ... stesse ciotole!! Via di corsa!! OH! OH!

E la figlia più piccola? Beh, ormai ci sono. Ho giusto un'ultima palla d'oro, aspetto il secondo matrimonio e ... rieccomi sotto la finestrella. Stavolta non faccio rumore, la lascio piano piano sul tavolinetto, mi giro in punta di piedi per andarmene e ... Il padre delle ragazze è proprio di fronte a me!

"Grazie signore! Grazie! Ha salvato le mie bambine...grazie!" Piangeva e rideva, e mi ringraziava ancora, col sorriso bagnato dalle lacrime. Faccio un cenno col cappuccio abbassato e corro via.

E così, il giorno dopo, la storia delle tre palle d'oro e di Nicola gira per tutta la città ed oltre, passando di bocca in bocca, di racconto in racconto. Trascorrono gli anni, la storia diventa leggenda e Nicola diventa addirittura Vescovo! Si, proprio io! Il Vescovo Nicola di Myra. Pensate che molti mi chiamano già Santo, forse anche perché dopo i fatti che vi ho raccontato mi capita anche di tirar fuori dei bambini messi in salamoia dentro tre botti di legno da un oste cattivo che voleva servirli per cena! Ma io lo sapevo, me lo sentivo, così li salvo e li rimando a casa.

Il Vescovo San Nicola, già. Il Vescovo incappucciato che porta doni di nascosto e che protegge tutti i bambini ... vi ricorda per caso qualcuno?

Ma la mia storia non è ancora finita...perché poi Santo ci divento davvero e divento così famoso in quegli anni antichi che un gruppo di pescatori e di sacerdoti decidono, con qualche peripezia che magari un giorno vi racconterò meglio, di portarmi in Italia. Si, proprio qui in Italia, a Bari, dove costruiscono una grandissimae bellissima chiesa a mio nome e dove divento il Santo protettore della città. Mi festeggiano il 6 dicembre, proprio come adesso, e proprio la notte del 6 dicembre succede che a molti bambini arrivano dei doni. Così passano i secoli, finisce l'Impero Romano, scivola via il Medioevo con i suoi castelli, le dame ed i suoi cavalieri ma per tanti e tanti anni il 6 dicembre rimane la notte dei regali, la notte di San Nicola.

Finché un giorno vengo a sapere di una brutta storia...ci risiamo...

Vengo a sapere che nei paesi dell'Europa, al Nord, i Santi non sono più riconosciuti e tutti i loro giorni di festa sul calendario sono stati cancellati, 6 dicembre compreso.

E i doni? I bambini?

Per fortuna ci pensa Gesù che prende la notte dei regali e la mette proprio nella notte del 24 dicembre, la Sua notte, la notte di Natale, un giorno che nessuno può certo decidere di cancellare.

Ma quella notte Gesù è ancora in fasce, è un tenero pargoletto che da solo non riesce a convincere i bambini a rimanere zitti zitti nei loro letti, buoni buoni a dormire mentre Lui passa a lasciare i doni....tutti vogliono aspettarlo svegli!!

Decido di aiutarlo e vado anch'io in giro per quei paesini pieni di neve e di caminetti accesi. Sanctus Nicolaus, Ru Klaus col suo vocione, come mi chiama qualcuno, per convincere i bambini a rimanere gioiosi e impauriti nei loro lettini, almeno finché non sono passato.

Anche quella diventa la mia terra e ci rimango per un bel pezzo, mi costruisco perfino una bellissima casa di legno in mezzo alla foresta. C'è tanta neve, così bianca, tanti abeti verdi e profumati che mi ricordano i pini e le spiagge dove correvo e giocavo quando ero bambino.

Sto proprio bene. È il posto ideale per riposarmi e preparare tutto in attesa del prossimo 24 dicembre. Non andrei più via ed i secoli passano ancora come giorni.

Un giorno, anzi una notte, anzi una notte di un 24 dicembre per essere proprio precisi, entro piano piano in quella casetta vicino al bosco, in quella sotto al grande abete che in quei giorni di festa i tre bambini che ci abitano sono soliti addobbare con tanti pezzetti di legno colorati appesi ai rami.

Strano però, in effetti non ho visto legnetti colorati quest'anno...

Sono quasi davanti alla porticina della loro camera, il pavimento di legno scricchiola ad ogni mio passo.

Strano però, il caminetto è spento quest'anno...

Apro piano per vedere se i tre sono addormentati. Il letto è vuoto, torno in cucina, la casa è deserta...sono andati via.

Il giorno dopo, a casa mia, chiedo agli amici del bosco.

"Sono partiti".

"Tanti come loro stanno partendo".

"Non c'è più lavoro".

"Prendono grosse navi di ferro...gigantesche navi...".

"Oceano ... America ...".

Non li lascio nemmeno finire, sono già pronto, devo andare: ormai mi conoscete no?

In un batter d'occhio attraverso l'oceano e arrivo in Nord America, proprio mentre i tre bambini sbarcano insieme ai loro genitori e ad altri immigrati olandesi nel grande porto di Nuova York. Quanta gente ... tanta gente che parla lingue diverse, che indossa vestiti diversi ed ha occhi, pelle e capelli di mille e mille colori diversi.

Li riconosco tutti, sorrido e volo a fare un giro in quel mondo nuovo. Vedo città che stanno nascendo ed altre già enormi, carovane di coloni ad ovest che cavalcano coi loro larghi cappelli insieme a polverose mandrie di buoi, villaggi di tende appuntite circondate dai grandi bisonti dove vivono uomini che hanno tra i capelli solo piume d'aquila e di falco...e montagne e deserti rossi e fiumi e foreste e laghi grandi come mari e praterie senza fine, e oceani.

La gente che è venuta qui dall'Europa ha portato con se poche cose, le poche che possedeva. Scarpe bucate, qualche logoro vestito, i pochi risparmi dentro una scatola di biscotti, ma anche luoghi e leggende da raccontare, tradizioni dei paesi da dove sono partiti, Natale compreso.

E che Natale! Luci, addobbi e colori riempiono le case e le strade di ogni quartiere. Musiche e favole composte per l'occasione, alberi addobbati di mille e mille cristalli sfavillanti, laghetti ghiacciati per pattinare e colline innevate per slittare. Tutti mi chiamano Santa Claus.

Ho così tanto da fare in questo nuovo mondo così vasto, tanta gente nuova che arriva ogni giorno, tanti bambini da controllare e così tanti regali da consegnare!

I Natali passano uno dietro l'altro e ancora una volta non mi accorgo nemmeno degli anni che volano via, dei bambini che crescono, del Mondo che cambia.

Arrivano anche due guerre, bruttissime, due guerre Mondiali come le hanno chiamate. Giorni tristi purtroppo che il Natale riesce solo ad illuminare appena un po'.

Ed è con la fine della Seconda Guerra che io, finalmente, torno a casa. Torno in Europa, proprio qui da voi.

Come sempre arrivo con la gente che mi porta con se. Insieme ai ricordi e ai sogni di bambino stavolta viaggio a bordo di aerei e navi da guerra, con i soldati americani, i soldati che raccontano ai piccoletti d’Europa di quel Santa Claus che passa, piano piano, proprio la notte di Natale per portare doni a chi è stato buono. Molti non si accorgono che sono sempre io, San Nicola! Ma va bene così, sfido io a riconoscermi ora che ho questo bel vestito rosso e bianco che mi hanno dipinto addosso, adesso che ho giusto un pochino di pancetta in più e la barba ancora più bianca, ancora più lunga!

Mi danno persino un nome nuovo, tanti nomi in realtà, ma il più bello è il vostro.

Babbo Natale.

Ecco, questa è la mia storia, la mia letterina per voi.

A questo punto non mi resta che chiedervi una cosa, il regalo che non ho da donare …

Ho fatto tanta strada per essere qui, una strada lunga secoli e chilometri, e continuerò a farla, ogni anno e per ogni singolo Natale che verrà. Ogni notte dei regali arriverò piano piano e zitto zitto a lasciarvi qualcosa, un dono. Anche quando non ve ne accorgerete più, io verrò. Perché ricordate, i regali più belli sono quelli che non hanno bisogno di essere aperti. Quelli che tutti i bambini buoni, piccoli, grandi o vecchi che siano, continueranno a ricevere. Sempre.

Quindi questo vi chiedo, continuate ad aspettarmi, anche quando sarete più grandi, anche quando vi sembrerà di non sentirmi più, perché i buoni riceveranno sempre doni grandi, doni che non hanno bisogno di essere scartati.

Con affetto,

Babbo Natale

 

P.S. BUON NATALE BAMBINI!!!!

OH! OH! OH!

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Medaglia Bronzo al Valor Militare Città di Fabriano
Medaglia di Bronzo al Valore Militare
(D.P.R. 10 maggio 1976)
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