La famiglia sul grande schermo

La famiglia sul grande schermo

"La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio": questo recita l'articolo 29 della Costituzione della Repubblica Italiana.
Tuttavia, dal 1946 ad oggi, la definizione di ciò che costituisce una famiglia, e le sue dinamiche interne, sono notevolmente cambiate, sia in Italia che nel resto del mondo, e sono tuttora oggetto di vivaci dibattiti. Il cinema italiano, da sempre sensibile ai temi sociali, non si è tirato indietro, "inserendosi" a suo modo nel dibattito con pellicole recenti che costituiscono spunti di riflessione. Ma qual' è il ritratto che il grande schermo fa della famiglia italiana di oggi?
A giudicare dalle sue ultime produzioni, sembrerebbe purtroppo essere un quadro dalle tinte fosche: la famiglia italiana come è presentata in alcun recenti film sembra drasticamente diversa da quella aperta, tollerante e ricca di stimoli che Marco Tullio Giordana aveva fotografato solo un anno fa con "La Meglio Gioventù".
Il più ovvio aspetto di questa "critica" cinematografica, presente nel lavoro di Roberto Faenza, ma anche in un prodotto apparentemente leggero come "Il mio miglior nemico" di Carlo Verdone, è quello della fragilità della famiglia appunto come "società naturale fondata sul matrimonio": ne "I giorni dell'abbandono", vediamo una donna, Olga, lieta del suo ruolo di moglie e madre, fare i conti con la drammatica realtà dell'abbandono da parte del marito; Verdone, nel suo film, è, al contrario, "l'antagonista", marito infedele e padre poco presente che si trova improvvisamente solo dopo che tutti hanno scoperto il suo tradimento.
In entrambe le pellicole, la storia parte e si sviluppa dalla crisi di due matrimoni (seppure dalle prospettive diametralmente opposte di Olga tradita e Achille traditore,) che, fondati come sono sull'ipocrisia e sulla reciproca ignoranza, crollano miseramente travolgendo tutti i componenti della famiglia. C'è da parte di tutti e due i protagonisti un difficile processo di auto-analisi per capire cosa hanno sbagliato, ma diversi sono gli esiti: Olga, dopo aver inutilmente lottato per salvare il proprio matrimonio e aver sfiorato la follia, troverà nei suoi figli e in un nuovo compagno la forza di andare avanti e ricostruire la sua vita. Achille, invece, abbandonato in partenza ogni tentativo di salvare il suo matrimonio, lotta per capire e "ritrovare" sua figlia, dopo essersi reso conto di quanto fosse stato chiuso e superficiale nei suoi rapporti con lei.
E quello della distanza, apparentemente incolmabile, tra i mondi dei genitori e dei figli è un altro dei temi privilegiati di questa riflessione; vi si affianca, all'opposto, quello della famiglia come un'entità fin troppo presente, che tende ad irrigidire e dirigere le scelte dei suoi componenti nella ricerca di un buon lavoro, una buona moglie, una buona reputazione e posizione.
La prima situazione si sviluppa a partire dalla differenza di vedute tra figli immersi nel proprio tempo e genitori che, invece, del "nuovo mondo" in cui vivono proprio non vogliono saperne, ma assume aspetti diversi: c'è chi rifiuta il modo di vivere dei propri figli in nome dei valori tradizionali della famiglia (i genitori di Mario Bettini ne "La febbre" di fronte al rifiuto del figlio di integrarsi nella società e alla sua disinvolta relazione, visti come irresponsabilità e immoralità), e chi, invece, non riesce a relazionarsi ai propri figli per superficialità o scarsa attenzione. E' il caso, oltre che del film di Verdone, anche dei genitori del ragazzi "Mai più come prima?": presenza appena accennata nella prima parte del film, i genitori intervengono solo con il compiersi di una disgrazia per portare in campo la loro autorità à e responsabilità, ma ricevendo una sonora lezione proprio da quel figli che troppo hanno trascurato e che hanno dovuto crescere e imparare a camminare sulle loro gambe affidandosi a se stessi e ai loro amici (emblematica la frase di un padre che confessa di non ricordare l'ultima volta in cui ha dedicato dieci minuti del proprio tempo alla propria figlia).
Ma c'è una terza famiglia "non comunicativa", che in parte si riallaccia proprio a quella di Tullio Giordana: una famiglia di spirito moderno, che a suo tempo ha lottato contro una società e dei valori che riteneva antiquati e superati, ma che ora non riesce a riconciliarsi con il fallimento del valori della sua gioventù. Così, ne "Notte prima degli esami", l'ex sessantottino Giorgio Faletti, rifiutando il mondo in cui vivono sua figlia e i suoi studenti, finisce per porsi in antitesi a loro e a ciò che il loro modo di vivere scanzonato e irresponsabile, privo di grandi aspirazioni, rappresenta; all'opposto, nello stesso film, i genitori delle migliore amica di Claudia, figli di una società chiusa e autoritaria, pur di non agire allo stesso modo, finiscono per non agire e basta, ed essere rifiutati da una figlia che, di fronte alla sua non ammissione agli esami, vede la loro sconsolata accettazione come disinteresse.
La seconda situazione, invece, (punto di partenza o comunque spunto importante di pellicole come "La febbre", "Texas", "Quo vadis baby", ma anche "Mai più come prima" e "Notte prima degli Esami", con il contrasto tra Max, Lorenzo e le rispettive famiglie o tra Claudia e la madre) prende avvio dal normale desiderio di vedere i propri figli "fare qualcosa" della loro vita, proteggerli o raggiungere il successo negato ( o viceversa ottenuto) ai genitori, ma finisce per soffocare le reali aspirazioni e capacità dei figli che, piuttosto che l'obbedienza, scelgono forme di ribellione anche estrema ( la vita dissipata dell' Ada di "Quo Vadis Baby?" o le fughe verso un futuro incerto e nebuloso del protagonista de "la Febbre" e di Lorenzo ne "Mai più come prima").
Quello della dimensione familiare come limitante e soffocante è comunque sia un problema che va oltre il semplice rapporto genitori-figli: ne "'I giorni dell'abbandono", Luca Zingaretti, ottimo interprete del marito di Olga, fugge dalla sua famiglia proprio perché non riesce a sentirsi realizzato dalla sua vita attuale, cercando in una nuova relazione quella spontaneità e quella libertà che sente necessarie.
Volendo tirare le somme, sembra dunque che il nostro cinema dia un giudizio piuttosto impietoso delle difficoltà della famiglia moderna del nostro paese, accompagnandolo spesso ad una critica più generale alla società che condiziona, con i suoi modelli, le relazioni familiari (è il caso specialmente de "la Febbre", dove lo scontro tra il protagonista e i suoi parenti parte proprio dal suo rifiuto di seguire gli schemi di vita comunemente accettati). Allo stesso tempo, però, non sembra di poter identificare, nei lavori del registi e produttori italiani, una sorta di "via" da percorrere per poter svecchiare e modernizzare le relazioni familiari di oggi, dimostrando una notevole maturità nel ritenere (finalmente!) che i singoli non abbiano bisogno di ricette pronte,
ma di spunti riflessione in grado di spingerli ad agire per cambiare: si spera che vengano colti e che anche i nostri rapporti familiari, pur senza venire snaturati, prendano la via dell'evoluzione, per non perdere di nuovo il treno di un progresso socio-¬culturale che nel nostro paese, talvolta, fatica a partire.

di MANFREDI MANGANO
Classe V sez A
del Liceo Scientifico Statale "Vito Volterra "
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Medaglia Bronzo al Valor Militare Città di Fabriano
Medaglia di Bronzo al Valore Militare
(D.P.R. 10 maggio 1976)
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